La musica nella formazione

La musica nella formazione e nella cura della persona umana

 

La musica nella formazione dell’individuo

Le ultime scoperte nell’ambito delle neuroscienze mettono in evidenza come un’esperienza musicale strutturata debba avvenire sin dai primi anni di vita. La scuola, a partire da quella dell’infanzia si prefigura pertanto, come il luogo ideale dove cominciare a vivere un’esperienza incentrata sulla relazione sonora. Quest’ultima diventa così il nodo centrale da cui partire per costruire un percorso in grado di influire sul benessere della persona, ipotizzabile anche in un’ottica di prevenzione (scuola, centri educativi) o in contesti riabilitativi. Parlando della necessità di un’esperienza musicale strutturata a partire già dai primi anni della scuola dell’infanzia e successivamente nelle scuole di ogni ordine e grado, va chiarito che non si vuole affatto intendere, con questo, un percorso di educazione musicale, peraltro insegnamento istituzionale già riconosciuto nel curricolo della scuola primaria di secondo grado e alquanto necessario. Qui è in gioco una visione antropologica che mette al centro la musica come componente biologica e culturale essenziale che investe gli aspetti cognitivi, psicomotori, affettivo-emozionali e linguistici. Pertanto, un percorso musicale strutturato in ambito scolastico dovrebbe rappresentare un’esperienza trasversale alle altre materie, un progetto pedagogico che partendo dal suono per arrivare al suono linguisticamente organizzato si attua nell’ottica di un’educazione con e attraverso la musica e non semplicemente alla musica. È del tutto evidente che l’esperienza sonoro/musicale, rientrando tra le prime esperienze umane che concorrono ad attivare, a livello audio/percettivo, processi cognitivi e relazionali, debba trovare un posto centrale in ambito educativo, in relazione soprattutto alla relazione uomo-mondo.

Ripartire dall’esperienza audio-percettiva, per relazionarci con il mondo, in una cultura come la nostra che ha sbilanciato l’esperienza delle cose quasi esclusivamente sul versante visivo, significa non solo ristabilire la base essenziale della relazione, ma anche guardare ad una dimensione umana che deve tendere verso la conquista di un autentico benessere concepito secondo una visione totalizzante dell’individuo nelle sue componenti: psiche, mente, corpo. La musica essendo costituita da ritmo, melodia e armonia che rimandano rispettivamente alla dimensione fisica, affettivo-emozionale e cognitiva, in modo olistico integra e ricompone l’unità della persona umana[1]. Quanto affermato andrebbe applicato anche nell’ambito della fruizione musicale artistica, quella legata ai concerti e alle manifestazioni culturali. Diventa alquanto necessario - a mio avviso - che anche nell’ambito del concertismo sia colto che popular si creino spazi relazionali affinché gli ascoltatori abbiano la possibilità di avvicinarsi ad un’esperienza musicale più consapevole ed interattiva, non vissuta solamente da spettatori passivi. Stimolare l’ascolto e la partecipazione vocale e corporea anche in contesti musicali istituzionali può diventare l’occasione per proporre un’esperienza ricca di stimoli e di momenti intensi e coinvolgenti, in cui non mancano spunti anche per una riflessione più profonda. Tale esperienza musicale e culturale, pertanto, potrebbe inserirsi nell’ottica della promozione di un benessere psicosociale.

 

Cura e cultura

L’essere umano, nella sua complessa natura, appare contemporaneamente come totalmente biologico e totalmente culturale; pertanto la musica, che è vibrazione, evento fisico; ma anche suono culturalmente organizzato, portatore di una visione del mondo (weltanschauung)[2], agisce profondamente sia a livello fisico-biologico, sia a livello psichico, creando quell’unità mente/corpo tanto auspicata. In questo essa cura, perseguendo quella concezione terapeutica che si esprime in un prendersi cura, orientata alla totalità della persona, ad una visione olistica dell’uomo; in quanto simbolo la musica unisce (symballein - simbolo – mettere insieme), collegando corpo, mente e spirito. La parola cultura deriva dal latino colĕre, che significa coltivare, innalzare; ma la stessa radice (cǒlo) assume anche il significato di cura, avere cura, venerare,onorare, mettendo in luce come l’attenzione alla persona, all’altro, debba partire dal coinvolgimento di tutta la sua storia personale, del suo vissuto. Ogni persona è il risultato di una storia individuale che si genera in uno spazio culturale condiviso; in tal senso l’identità individuale si attua all’interno di una relazione gruppale in cui convergono una serie di forze interagenti: da una parte la persona con le sue potenzialità in divenire, depositaria di una novità e unicità affidata al codice genetico ricevuto; dall’altra la società che, esprimendosi attraverso la sua cultura (l’insieme di valori e credenze nati e consolidati in una dimensione spazio/temporale specifica), modella l’individuo rendendolo idoneo e ben attrezzato a convivere in quella determinata realtà geografica, storico/politica e spirituale.

 

Pedagogia musicale e musicoterapia: due esperienze a confronto

Queste considerazioni mi spingono a riflettere sull’esistenza di un terreno comune tra esperienze educative musicali e percorsi terapeutici con la musica. Seppur apparentemente potrebbero apparire come percorsi orientati a scopi differenti e – pertanto – con approcci operativi e dinamiche relazionali specifici, rimandando ad una riflessione e ad una ricerca più approfonditi ci si accorge quanto i confini tra i due orientamenti non sempre presentano delineamenti così ben definiti al punto che si possano intravedere, a mio avviso, sovrapposizioni sia metodologiche che di contenuti. All’interno dei due ambiti disciplinari, l’obiettivo principale è la cura dell’altro, della persona e la sua piena realizzazione umana. Diventa a questo punto fondamentale, come dicevamo, definire il concetto di relazione sonora. L’esperienza dell’educazione musicale deve necessariamente orientarsi verso un educare con la musica e non solo volta ad un educare alla musica. In tal senso l’esperienza musicale deve tradursi innanzitutto in un "fare musica". Un concetto che rimanda, quindi, non solo al “suonare”, ovvero alla sola prassi esecutiva, ma anche e soprattutto a quella creativa ed espressiva. In tale prospettiva, si pensi ad esempio alla realtà della scuola, la collaborazione di gruppo diviene la risorsa da valorizzare ai fini del risultato collettivo, che fa coincidere la sintonia musicale con quella relazionale. Ecco che l’ora di musica dovrebbe configurarsi, soprattutto per i bambini e i ragazzi, come un’attività coinvolgente che, partendo dal corpo e quindi dall’esperienza sensibile (aisthesis), giunge, attraverso un percorso fatto di stupore iniziale e sensazioni emotive, all’esperienza estetica della forma e quindi ad una conoscenza riflessiva di Sé e del mondo, in grado di influenzare conseguentemente tutto il back-ground psico-corporeo.

Mi chiedo perché nella scuola dell’obbligo[3] ancora non si possa introdurre come pratica espressiva, al pari della materia di Italiano, l’analogo svolgimento o invenzione di un tema musicale, così come accade – per altro - anche nell’ambito dell’espressività figurativa (nelle discipline artistiche o nel disegno), dove i ragazzi applicano concetti come la prospettiva, il punto di fuga, la figura/sfondo o la simmetria, acquisizioni non meno astratte dei principii di organizzazione musicale. Tale proposta può risultare provocatoria all’interno di un sistema scolastico dove solamente il linguaggio verbale è considerato prioritario nell’ambito del concetto di alfabetizzazione e formazione linguistica, e nella scala dei saperi istituzionali ed espressivi; l’apprendimento musicale viene di fatto relegato ad un sapere formale circoscritto ad attività esecutivo/ricreative e conoscenze storiche, mentre gli aspetti linguistici e creativi rappresentano competenze esclusivamente specialistiche e tecniche demandate agli esperti musicisti e compositori. Tale miopia - a mio avviso – nasce dal fatto che a livello culturale si considera la musica solo come un fatto estetico ed artistico e non come un tratto biologico e cognitivo specifico della specie umana, riconoscendo ad essa – pertanto - un primato ontologico nell’ambito dell’espressività umana, così come diverse ricerche ipotizzano riproponendo lo stesso concetto a livello filogenetico: il fenomeno sonoro/musicale come precursore linguistico da cui si evolve una struttura cerebrale (proto-linguaggio). In buona sostanza noi nasciamo prima cantanti che parlanti, pertanto la musica non è semplicemente un linguaggio, ma è il linguaggio che mostra un funzionamento musicale; la voce nasce prima della parola ed il suono come esperienza primaria legato alla dimensione del piacere è già presente nell’infante che gioca (to play, jouer, spielen) con i suoni della sua voce. Nel verbale c’è già il musicale che lo contiene e trasuda da ogni parola: l’intonazione verbale (prosodia) rimanda al pre-semiotico dell’esperienza vocale. Inoltre musica e linguaggio condividono molti aspetti strutturali ed articolatori, legati anche ad un apprendimento naturale e spontaneo, che si influenzano a vicenda. Grazie alla dimensione musicale, quindi, si viene a creare uno spazio simbolico all’interno del quale ciascun individuo e il suo gruppo possono riscoprirsi come corpi sonanti, attraverso un’esperienza sonora immediatamente spendibile, all'interno di un contesto coinvolgente che rivendichi soprattutto la dimensione ludica. Pertanto, suonare diventa anche “conversare” con la musica, far emergere attraverso un rapporto libero e disinibito con la musica, il proprio mondo interiore, la propria dimensione espressiva e creativa. In tal modo l’esperienza musicale è in grado di coniugare il versante affettivo/emozionale con quello cognitivo, che in una continua interazione e stimolazione reciproca restituiscono all'individuo una dimensione umana più autentica, mettendolo al centro con tutte le sue potenzialità espressive e creative.

 

L’OMS e le life skills

Anche l’OMS nel 2004 ha esteso il concetto di salute e di benessere stilando un documento in cui viene definito un nucleo fondamentale di abilità necessarie per la gestione delle relazioni sociali e dell’emotività (life skills), abilità che dovrebbero essere sviluppate all’interno dei progetti di prevenzione del disagio, per la promozione della salute e del benessere psico-fisico dei bambini e degli adolescenti. Esse sono: la gestione delle emozioni, l’autoconsapevolezza, la gestione delle relazioni interpersonali, la comunicazione efficace, l’empatia, il senso critico, la capacità di problem solving, la creatività.

L’apporto che la musicoterapia ed un progetto espressivo musicale possono offrire all’interno di un contesto pedagogico, come ad esempio quello scolastico, riguarda in primo luogo la creazione di un clima relazionale positivo caratterizzato da empatia. In secondo luogo, un’attività espressiva come quella musicale opportunamente incentrata sulla dimensione relazionale, sull’esperienza creativa e sull’ascolto attivo diventa oltremodo necessaria in questa fase storica e sociale dove si riscontra a livello cognitivo, soprattutto nei più giovani, una riduzione dei tempi di ascolto e della soglia di attenzione ed un aumento delle DSA. L’esperienza musicale vissuta attivamente è in grado di riattivare una competenza emotiva; riflettendo – pertanto - sul disagio che attraversa oggi intere generazioni di giovani e che si esprime confusamente attraverso momenti di noia, di rabbia, frustrazioni varie; ma anche gioia, euforia, istanze interne che spesso i ragazzi, per ragioni educative, non sanno né riconoscere, né gestire, né esprimere, mi viene da riflettere al ruolo centrale che la musica dovrebbe rivestire nelle diverse istituzioni educative. La musica non dovrebbe più essere considerata come un semplice momento ricreativo o una materia scolastica di secondo ordine, ma deve rappresentare un’esperienza espressiva e formativa umana che al pari del linguaggio verbale deve accompagnare in modo trasversale i vari insegnamenti e/o le diverse attività educative, poiché nella sua azione espressiva essa è in grado di attivare e stimolare le diverse tipologie di formae mentis.

 

Antonio Elia

Musicologo, Musicoterapeuta e musicista

Studi e lavoro in Lombardia/Italia e in Ticino (diplomato all‘Helvetic Music Institute ad Arbedo/Bellinzona).

 

Estratto dell’articolo di Antonio Elia “Musica ed emozione: Gli elementi del linguaggio musicale tra forma e relazione - L’esperienza musicale nella formazione e nella cura della persona umana”,  25 pagine.

 


[1] Paolo Cattaneo, op. cit., p.51.

 

[2] E’ un termine tedesco filosofico e sociologico che indica una visione, una intuizione del mondo. Quindi, in riferimento all’azione esercitata dalla cultura che, in interazione con i processi fisici e biologici, modella lo sviluppo psico/fisico di una persona appartenente ad una determinata e specifica cultura, il termine vuole rinviare proprio ad una concezione della vita e del mondo; al modo in cui i singoli individui o i gruppi sociali considerano l’esistenza e i fini del mondo e la posizione dell’uomo in esso. In tale termine sono impliciti aspetti interpretativi della realtà, valori, codici di comportamento e rituali che chiamano in causa anche abitudini che coinvolgono il corpo: atteggiamenti e posture del corpo, andamenti, movimenti.

[3] Nell’ordinamento scolastico italiano l’istruzione obbligatoria è considerata nell’arco di un periodo di almeno 10 anni e prevede il ciclo della scuola primaria della durata di 5 anni (scuola elementare); il ciclo della scuola secondaria di I° grado (scuola media) della durata di 3 anni ed un ciclo di scuola secondaria di II° grado della durata di almeno 3 anni (qualifica professionale) entro il compimento del 18 anno di età.

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